Secondo i creativi italiani della startup biomedica Holey entro i prossimi 10 anni negli ospedali ci saranno sezioni dedicate alla progettazione informatica dei tutori per ogni tipo di frattura.
“Immaginate di avere un gesso al braccio che emana un pessimo odore e che vi impedisce di fare una doccia senza ricorrere ad ingegnosi stratagemmi, spesso infruttuosi o troppo complicati”. Inizia con queste parole il documento di presentazione di Holey, dispositivo ortopedico stampato in 3D, nato dalle giovani menti di un gruppo di creativi italiani.
In effetti, chiunque abbia mai avuto a che fare con una frattura ossea sa di cosa parlano i ragazzi di Holey. La startup – che ha preso parte all’Innovaction Lab 2015 – ha cercato di trovare la soluzione ideale ai tanti problemi che il gesso tradizionale presenta dal punto di vista del paziente. E quindi il peso e l’impossibilità di farsi la doccia, da cui derivano il prurito e il cattivo odore. E lo ha fatto realizzando un esoscheletro stampato in 3D che possa sostituire il gesso tradizionale: leggero, traspirante e water-friendly, per un processo di guarigione più confortevole ed esteticamente meno invadente. Fatte salve queste fondamentali differenze, Holey garantisce la stessa protezione di un gesso classico ed è fatto su misura per aderire perfettamente al braccio del paziente.
Holey, ovvero come ti stampo il tutore perfetto
Grazie all’utilizzo di tecnologie innovative e di un software proprietario, il team di Holey riesce a realizzare dei tutori perfettamente aderenti alla pelle del soggetto. Per arrivare a questo risultato, l’arto interessato viene sottoposto in primis ad un 3D body scanning di alta precisione. I dati raccolti vengono poi inviati ad un software, che realizza il modello personalizzato in base alla situazione medica del paziente e alla sua struttura corporea, perché sia perfettamente calzante. “Questo software è il valore aggiunto”, ricorda Virginia Ferraguti, CCO e co-founder di Holey, “ed è sviluppato dai nostri tecnici”. L’immagine viene acquisita dal software che genera automaticamente il pezzo, che prenderà forma proprio grazie ad una stampante 3D. Nel caso di Holey il laboratorio di stampa 3D che si occupa della parte di produzione è 2be3d, partner principale del progetto. Il gesso così modellato viene immediatamente spedito in clinica, pronto per l’applicazione in meno di 24 ore.
I vantaggi rispetto all’ingessatura classica sono diversi: questo nuovo dispositivo medico indossabile è leggero, impermeabile e più traspirante del gesso. Holey supera così i problemi legati a una scarsa ventilazione della zona colpita, dal cattivo odore all’abrasione della pelle.
Una rivoluzione imminente
“Le tecnologie di stampa tridimensionali sono potenzialmente gli strumenti più rivoluzionari al servizio della medicina. In linea di tempo l’ultimo esempio è l’impianto di un modello di trachea realizzato appunto con la stampante 3D”.
Le parole di Virginia Ferraguti fotografano lo scenario attuale. Dai “semplici” modelli di fratture ossee fino alla creazione di organi artificiali, di qui a qualche anno la stampa 3D promette di innescare una vera rivoluzione in campo medico. Da un recente report della CNBC, il valore del mercato della stampa 3D – insieme a tutti i servizi relativi – presenta una prospettiva di crescita di quasi il 500%, che lo porterà a superare i 16 bilioni di dollari nel 2018.
Ancora Ferraguti: “Posso affermare con sicurezza che entro i prossimi 10 anni ogni ospedale avrà un reparto tecnico dedicato”. Quel che è certo è che grazie alle nuove tecnologie di scansione e stampa 3D, le protesi di domani saranno fatte su misura per ciascuno di noi. Per curare i traumi o i dolori articolari potremo utilizzare dispositivi medici modellati direttamente sul nostro corpo. E realizzati nell’arco di poche ore.
Per quanto riguarda Holey, la tabella di marcia è molto serrata. Lo sviluppo del software e le ricerche preliminari termineranno a settembre 2015. Seguirà una fase di test e validazione dei materiali per la stampa, condotta presso l’ospedale Sant’Andrea di Roma dal Prof. Dario Perugia. Successivamente, Holey sarà testato su un minimo di cento pazienti e sarà lo stesso prof. Perugia a seguire l’intero processo di guarigione. Concluso lo studio clinico, verranno richieste tutte le certificazioni per essere pronti ad entrare nel mercato.
Intanto, la startup ha già stretto una partnership con la A.S. Roma Nuoto ed il Centro Romano di Ortopedia pediatrica, divenuti partner ufficiali. Sportivi e bambini sono infatti potenziali early adopters per via delle caratteristiche di leggerezza e traspirabilità di questo innovativo dispositivo medico. Holey infatti, permetterebbe agli atleti di non fermare completamente la loro attività in caso di infortuni ed ai bambini di guarire, senza però dover fare a meno del gioco e del divertimento. In attesa che tutti quanti possano dire addio al gesso tradizionale: ma per questo bisognerà aspettare almeno la primavera del 2016.
@antcar83