Stefano Pietta è un giornalista che non si è fatto fermare dalla malattia: ha creato un’emittente web, Steradiodj, unendo musica e storie di inclusione sociale, con cui parla al mondo
Il talento da speaker è quello giusto, il ritmo c’è, gli stilemi del conduttore pure. E poi, che musica. Internazionale, ad ampio spettro. Ironia, garbo. È una radio streaming che tiene compagnia ventiquattro ore al giorno, quella messa in piedi da Stefano Pietta, bresciano di Manerbio, trentasette anni e da poco novello giornalista pubblicista. L’Ordine della Lombardia gli ha conferito il “tesserino” ad honorem a settembre. Un gesto applaudito dai fan e – cosa non frequente per la categoria – persino dai nuovi colleghi. Sconti, l’ente milanese, non ne ha fatti: Pietta va in onda tutti i giorni dal 2013 sulla webradio Steradiodj, dirette ne ha macinate a migliaia e di fronte al suo microfono hanno sfilato più di cento ospiti.
Interviste interessanti, curiose, che spaziano tra i generi. Come quella con Andrea Laffranchi, critico musicale del Corriere della Sera, sugli ultimi 20 anni di discografia e l’ascesa dello streaming. O quella al “principe” Francesco De Gregori, agganciato in coda a un concerto.
On air su Steradiodj le storie che nessuno racconta
Ma l’idea di Pietta è stata, sin da subito, quella di aprire uno squarcio sul sociale, mandando in onda le storie che nessuno racconta alla stregua di una conversazione intima nel salotto di casa. Piccole perle che trasudano impegno e affondano le radici nello sforzo di tanti per guadagnarsi ciò che per molti è scontato. Racconti che, peraltro, spesso sfuggono al flusso di notizie che affolla le redazioni.
Il giornalista bresciano, dicevamo, scova gemme. Come nell’incontro con Veronica De Bono, amica e interprete che ha dedicato la vita alla lingua italiana dei segni. E che ha spiegato la fascinazione per quell’idioma che, sotto gesti all’apparenza incomprensibili, nasconde una cultura profonda e condivisa che cementa la comunità dei parlanti. Un codice di comunicazione che necessita di un professionista che non sia semplicemente traduttore; piuttosto, una figura di mediatore capace di fare da ponte tra due continenti. “Ho iniziato a rubare con gli occhi i segni quando ero ragazzina e uscivo con mia sorella, che aveva un’amica più grande e sorda – confida la De Bono – Da allora, l’ho presa come un’abitudine”. Ma non è l’unica.
In otto anni di streaming, Pietta di storie ne ha ascoltate tante. “La società non accetta il disabile, certo – riflette ripassando le voci dei protagonisti – Ma a volte – riconosce – è proprio il disabile a non farsi accettare”. Frase forte. Perché, precisa, “senza nulla togliere alla delicatezza, all’educazione, alla cortesia, sempre necessari tanto quanto dovuti, il cosiddetto ‘normodotato’ spesso non sa come comportarsi quando ci entra in relazione. E in questo deve essere aiutato”.
Stefano Pietta deejay dalla camera di casa
Come si diventa deejay dalla camera di casa ce lo spiega al telefono in una pausa dalla diretta. “Concerti e volontariato in Croce Rossa non mi bastavano. Volevo conoscere nuova gente e allargare il giro dei contatti: è stata la molla per cominciare con le prime dirette”. Galeotta fu l’emittente parrocchiale di Manerbio, nel bresciano, e una locale fonderia: che, in anticipo sui tempi, anni fa gli ha concesso il telelavoro, ramo informatico.
La selezione di brani è prevalentemente pop, con una strizzata d’occhio ad altri mondi musicali e senza disdegnare le novità, che grazie a un accordo con le case discografiche arrivano qui in contemporanea alla grandi emittenti nazionali. Due pc, mixer, microfono di quelli panoramici, e il gioco è fatto. La Siae e i costi? Sono coperti dallo stipendio in azienda. La passione fa il resto.
Ultima annotazione. Stefano è affetto da tetraparesi spastica dalla nascita, e tutto ciò che ha raggiunto – dal diploma tra i migliori al corso da webmaster al tesserino da giornalista – è arrivato sforzandosi più degli altri. Ma questo è solo un dettaglio. “Ho le mie difficoltà, i miei momenti giù. Non voglio fare l’uomo bionico – confida – Perché non lo sono affatto”.