Forse pochi sanno che alla base della rivoluzione della fotografia digitale non c’è la Silicon Valley ma scienziati e astronomi, che avevano inventato i sensori Ccd per fotografare le stelle e l’universo (e utilizzando anche i dati hanno aperto una nuova era)
Ci sono strumenti che cambiano la vita di buona parte del genere umano. Vengono sviluppati dagli scienziati, ma poi trovano la strada verso il grande pubblico. E’ quello che è successo ai Ccd (Charge Coupled Device) che sono matrici di pixel di silicio ognuno dei quali è capace di registrare la quantità di luce che riceve. Si basano sulla fisica dei semiconduttori ma inglobano decenni di sviluppo di microelettronica.
Così gli astronomi hanno scoperto la fotografia digitale
Quando ancora le macchine fotografiche usavano la pellicola, gli astronomi hanno scoperto le potenzialità di questi rivelatori (erano gli anni ’70) e si sono resi conto che rappresentavano il futuro. Invece di acquisire immagini su lastre fotografiche che poi dovevano essere digitalizzate, i Ccd producevano già immagini digitali. Così è iniziata la love story tra gli astronomi e i rivelatori rivoluzionari.
Lavorando in collaborazione con le industrie, gli astronomi hanno contribuito a migliorare i rivelatori, per renderli sempre più potenti: i primi erano poco più 100×100 pixel, poi sono diventati 512×512, poi 1024 x 1024. Il traguardo di 1 megapixel (Mpx), che aveva richiesto un enorme sforzo, è stato rapidamente travolto. Quando estraete il cellulare per fare una foto (che utilizzerà un CCD da decine di Mpx), mandate anche un reverente pensiero a chi ha spinto lo sviluppo di una tecnologia così pervasiva.
Il formato Fits e il telescopio Pan-Starr
Ma gli astronomi non hanno solo partecipato allo sviluppo dei rivelatori, hanno inventato un formato pensato per accomodare ogni tipo di informazione astronomica e non. Si tratta del formato Fits (Flexible Image Transport System) che rappresenta un esempio molto positivo della globalizzazione a livello scientifico.
Andando in giro per il mondo, magari per fare osservazioni nei posti più remoti, ci sarà bisogno di adattatori per le diverse prese di corrente, ma il formato dei dati raccolti sarà sempre lo stesso, facilmente leggibile da ogni computer. Pensate che il Vaticano ha scelto il formato Fits per l’archiviazione dei suoi documenti storici digitalizzati.
Ovviamente, i telescopi sono in continuo miglioramento ed i Ccd che montano sono sempre più grandi e più sensibili, perfetti per realizzare il sogno di tutti gli astronomi: una carta celeste capace di rendere il cielo nei minimi dettagli. Così, nel 2010, sulla cima del vulcano spento Haleakala, nell’isola hawaiiana di Maui, ha iniziato a lavorare lo strumento Pan-Starr (Panoramic Survey Telescope and Rapid Response system). Nel corso di 4 anni ha coperto tutto il cielo visibile dalle Hawaii per 12 volte in 5 colori, dal visibile all’infrarosso.
Il più grande archivio fotografico dell’universo
L’universo di Pan-Starr, che rappresenta il più grande sforzo digitale fatto fino ad oggi dagli astronomi, è stato reso pubblicamente disponibile nel dicembre scorso attraverso il nuovo archivio dello Hubble Space Telescope Science Institute. L’archivio si chiama Mast dove la M rende omaggio a Barbara Mikulski, una senatrice del Maryland che si è sempre molto spesa per difendere la scienza che ha recentemente lasciato il suo seggio, per andare in pensione. L’archivio di Pan-Starr condensa mezzo milione di esposizioni e ha un livello di dettaglio strabiliante. Occupa due petabyte di dati, uno spazio di storage grossomodo equivalente a un miliardo di selfie.
Se considerate che attualmente il numero dei possessori di smartphone è stimato intorno 2 miliardi, significa che uno su due dovrebbe mettersi al lavoro e poi, per eguagliare il record degli astronomi, tutte le foto dovrebbero essere archiviate, catalogate e rese disponibili.
L’archivio Mast contiene informazioni su tre miliardi di stelle, galassie, asteroidi e supernovae colte sul fatto, proprio mentre esplodono, perché è questo il fine vero dello strumento che vuole dare una risposta rapida a tutti i fenomeni variabili del cielo, siano essi asteroidi di passaggio o immani esplosioni celesti.
L’immagine globale del cielo sopra le Hawaii ottenuta sommando 4 anni di dati. Non pensiate che andando alle Hawaii vedrete tutta la Via Lattea così maestosamente incurvata. L’apparenza del cielo varia con le stagioni e vi dovrete accontentare di un pezzo di questa splendida immagine che, a dire il vero, è solo una pallida imitazione dell’originale. La riproduzione a piena risoluzione dei dati richiederebbe una stampa lunga ben oltre 1 km
Il catalogo di Pan-Starr, per quanto impressionante, è solo il primo passo. Nel corso del 2017 è prevista la pubblicazione di un nuovo catalogo focalizzato su tutti gli oggetti che variano di luminosità oppure che si muovono. Un’altra miniera di informazioni che verrà messa a disposizione di tutti. Quando si parla di Open Science gli astronomi non sono secondi a nessuno.
Patrizia Caraveo