Irukatact è un guanto hi-tech che imita la capacità dei delfini di usare il sonar per rilevare gli ostacoli. In Giappone ha già dato una grande mano in casi di emergenza aiutando a salvare delle vite
Avete mai immerso un braccio in una fontana, finendo poi per bagnarvi tutto il braccio, perché la profondità era maggiore rispetto a quanto vi aspettavate? Avete mai avuto paura di aprire gli occhi sott’acqua, perché non potete sapere in anticipo cosa vedrete sotto le onde?
I ricercatori dell’Università di Tsukuba, in Giappone, hanno inventato un guanto che permette a chi lo indossa di poter vedere sott’acqua, sfruttando la tecnologia sonar. Il guanto imita la naturale capacità dei delfini, che usano il biosonar per cacciare e orientarsi: producono ultrasuoni e percepiscono l’eco riflessa dagli ostacoli che trovano sul loro cammino.
Una tecnologia per aiutare i soccorritori
Questa tecnologia è stata utilizzata in Giappone per aiutare i soccorritori dell’area di Joso City, che si trova vicino al fiume Kinugawa. Lo scorso anno questa regione ha registrato diverse inondazioni e, grazie a questo guanto speciale, i soccorritori hanno potuto avventurarsi nelle acque torbide del fiume, senza mettere in pericolo la propria vita.
Chiamato Irukatact – una via di mezzo tra la parola giapponese che significa “delfino” e la contrazione di “tattile”- il glove è stato creato dai ricercatori Aisen Carolina Chacin e Takeshi Oozu.
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Come funziona il guanto
Fin dall’inizio, l’intento dei ricercatori è stato quello di inventare qualcosa che fosse comodamente assemblabile e facile da costruire per chiunque: è nato così un kit fai da te, stampabile in 3D. Il dispositivo è composto da un sonar, tre motori e una scheda Arduino, che viene programmata per inviare segnali alle dita.
Il guanto invia dei segnali sonar e, quando rileva un oggetto particolarmente vicino, applica un getto d’acqua ad alta pressione sulla mano.
Irukatact ha una portata di circa 60 centimentri, che possono sembrare pochi, ma possono fare la differenza tra la vita e la morte per i soccorritori che devono essere sicuri di come poter procedere in acque particolarmente torbide: «L’obiettivo – spiega Carolina Chacin – è quello di amplificare le nostre sensazioni tattili. Cioè capire come trasmettere, ad esempio, la ruvidezza di un oggetto o la sua temperatura, ma senza toccarlo». E in futuro l’obiettivo è di estendere la portata e di perfezionare un oggetto che potrà salvare molte vite.
Sara Moraca