Ci aiuterà a migliorare le performance nello sport e l’ergonomia degli ambienti di lavoro. Ma anche a “parlare” con i robot.
Si chiama “AnDy” ed è una tuta smart, munita di scarpe sensorizzate, tecnologie e algoritmi ad hoc, per riuscire a registrare e misurare la postura e gli sforzi muscolo-scheletrici del corpo umano.
Queste sue capacità la rendono adatta all’utilizzo nel mondo dello sport, per monitorare le prestazioni degli atleti, ma anche nei luoghi di lavoro, per valutare i carichi di lavoro e migliorare l’ergonomia degli ambienti. L’hanno realizzata i ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova nell’ambito del progetto AnDy, finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione europea.
Come funziona
Il primo prototipo della tuta AnDy è composto da diciassette sensori, abbinati a scarpe sensorizzate e potenziati da algoritmi in grado di utilizzare l’incredibile mole di informazioni provenienti dai sensori ed elaborare i parametri del corpo, come postura, stress articolare e fatica.
“Mentre i 17 sensori indossabili forniscono i dati dell’orientamento nello spazio degli arti – spiegano i ricercatori dell’IIT -, gli algoritmi ricostruiscono i 66 angoli che caratterizzano la postura, come per esempio, l’angolo del ginocchio quando viene piegato per camminare o correre, o la velocità con cui le braccia si muovono per creare movimenti rotatori durante una partita di calcio”.
Gli algoritmi possono misurare anche gli stress a cui sono sottoposte le articolazioni grazie alle scarpe, che sono munite di sensori di forza, e alle solette che integrano una serie di 280 sensori tattili in grado di registrare la pressione di contatto tra piede e terreno. Combinando tutte le informazioni ricevute, i ricercatori possono ottenere, ad esempio, un dato sullo sforzo articolare che gli esseri umani sperimentano mentre camminano, oppure stimare la fatica di un lavoratore nello svolgimento delle sue attività.
Buona la prima
La tecnologia è in grado di gestire contemporaneamente l’analisi del corpo di più persone. Questo significa che potrebbe ricostruire la posizione e il movimento di un gruppo di persone all’interno di un ambiente e mentre interagiscono tra loro.
Il prototipo realizzato dai ricercatori del Dynamic Interaction Control Lab dell’IIT ha superato brillantemente i test effettuati, sia durante le sessioni di allenamento sportivo – con esercizi, tapis roulant e anche una partita di calcio – che all’interno di un magazzino durante operazioni di carico e scarico merci.
Sono queste, in effetti, le applicazioni più probabili nel prossimo futuro per la tuta AnDy. Ma le diverse tecnologie indossabili sviluppate da IIT potranno essere applicate anche nel campo della riabilitazione e delle protesi e, più in generale, in tutti quei settori dove è necessario comprendere lo stato del corpo di una persona per aumentarne benessere e sicurezza.
Parlare con i robot
Il vero obiettivo di questo progetto però è quello di riuscire a definire delle tecnologie che consentano ai robot di interagire con le persone. “Tutte le informazioni provenienti dall’essere umano verranno utilizzate per progettare una nuova generazione di algoritmi da applicare in uno scenario di collaborazione uomo-robot”, ha spiegato Daniele Pucci, Responsabile del Dynamic Interaction Control Lab dell’IIT.
Nei prossimi anni dunque, la tuta smart AnDy potrebbe trasmettere i dati del movimento umani ai robot, in modo che quest’ultimi possano interpretare le esigenze fisiche delle persone e agire di conseguenza, collaborando con gli esseri umani. “Abbiamo bisogno di definire un nuovo concetto di aiuto durante le attività collaborative tra l’uomo e il robot”, ha concluso Pucci. “L’essere umano, infatti, può aiutare o essere aiutato nello svolgere un compito, mentre viene monitorato e osservato dal robot”.
Potrà nascere così una nuova generazione di robot industriali collaborativi (“cobot”), in grado di “capire” le reali esigenze delle persone e intervenire per ottimizzare l’ergonomia, minimizzare lo stress muscoloscheletrico e diminuire il rischio di infortuni. INsomma, in una sola parola, per “aiutarci”.