Da fumatori incalliti a futuri miliardari, primi nel campo dell’e-cigarette. La storia di Adam Bowen e James Monsess, founders di JUUL
“Io e Adam fumavamo tanto. Anche decine di sigarette al giorno. Mi odiavo per questo”: sono le parole di James Monsess, co-founder con Adam Bowen, di JUUL, la nuova e-cigarette appena arrivata in Italia. Era il 2015 quando i due, di San Francisco, mentre frequentavano Product Design alla Stanford University lanciarono il prodotto negli Stati Uniti: “JUUL arrivò dopo un decennio di ricerca e sviluppo su come migliorare la nostra invenzione, rendendola estremamente innovativa e tecnologica” racconta a StartupItalia il co-founder Adam Bowen.
La mission è, fondamentalmente, una: da ex fumatori incalliti, fare qualcosa per ridurre le morti da fumo. Direttamente o indirettamente sono 7 milioni al mondo, secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità ), coloro che ogni anno muoiono per cause legate al tabagismo. Un vizio estremamente pericoloso che la stessa OMS definisce “epidemia”.
JUUL: dagli albori al successo
Mossi, quindi, da una presa di coscienza e dalla volontà di fare del proprio lavoro qualcosa di aiuto a gran parte della popolazione, insieme a ingegneri, chimici e designer Adam e James hanno dato vita a JUUL:  design ricercato (che non richiama la tradizionale sigaretta, ma assomiglia più ad una pennina USB) e tecnologicamente avanzata. I due hanno messo a punto un vaporizzatore a sistema chiuso, costituito per il 97% da ingredienti di qualità farmaceutica e per il 3% da componenti alimentari.
Una novità nel panorama delle sigarette elettroniche che ha lanciato i due inventori sulla scala del successo e che, secondo quanto affermato da Bloomberg, farebbe dei founder i primi miliardari del settore. Recentissimo è l’investimento del colosso del tabacco americano, Altria Group Inc, in JUUL per 12.8 miliardi di dollari, in cambio del 35% nella società . Un risultato che gli stessi founder non si aspettavano: “Per noi rappresenta una grande opportunità di accelerazione nella nostra mission: che, nonostante questo investimento da parte della più grande azienda di tabacco statunitense, non cambia. Ridurre le morti da fumo per aiutare gli altri sarà sempre la nostra stella polare” ci dice James Monsess.
Nuovo business, grandi rischi
Un mercato nuovo, in forte ascesa a livello mondiale, e molto competitivo quello dell’e-cigarette, che richiede grandi investimenti senza la certezza di un ritorno immediato. Non è questo, però, il caso di Adam e James: in soli 3 anni hanno sfidato i competitor e, dopo l’investimento di Altria Group, hanno portato la società ad essere valutata circa 38 miliardi di dollari. Più di SpaceX di Elon Musk e Airbnb, come quanto osservato da Bloomberg. Il fatturato previsto da JUUL, nel 2018, si aggira tra 1.8 e 2 miliardi di dollari.
Tutto sta a capire se il successo d’Oltreoceano si ripeterà anche da noi. Se, per il momento, dare una risposta è decisamente difficile, abbiamo fatto il punto della situazione con Cristina Santucci, direttore generale di JUUL Labs Italia.
“In Italia i fumatori sono 12,2 milioni e il fumo è la prima causa di morte. Nel 2018, i fumatori italiani sono aumentati del 4%, pertanto la nostra missione è decisamente urgente, anche alla luce del fatto che oltre il 60% dei tabagisti vogliono smettere di fumare ma non hanno ancora trovato un’alternativa efficace e soddisfacente nel lungo termine” dice a StartupItalia, precisando l’importanza della collaborazione con i tabaccai e dell’osservanza delle norme. “Sulla vendita effettueremo controlli a campione e anche a sorpresa, avvalendoci dei cosiddetti mistery shopper. Chi venderà JUUL ai minorenni, non lavorerà più con noi”, chiosa.