Così una istituzione medievale e apparentemente sempre uguale come l’Università è stata rivoluzionata dalla pandemia
“Ciao mamma, vado a fare l’esame” – “In bocca al lupo, tesoro, metticela tutta”. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano: è una scena che si sarà ripetuta milioni di volte, se non fosse che, subito dopo i saluti, ci si chiude in camera, si accende il computer e ci si collega in videochiamata con il proprio professore. “Io però non mi connetto da camera mia: mi mette a disagio. Preferisco collegarmi dalla camera di mio fratello. Almeno cambio stanza e non confondo il luogo in cui riposo, in cui mi rilasso, con il posto in cui sosterrò l’esame”, ci confida Miriam Bozzi, studentessa a un passo dalla laurea in Agrotecnologie per l’ambiente e il territorio all’Università statale di Milano. StartupItalia ha infatti voluto saperne di più sugli esami in videocall ai tempi del Coronavirus.
Sostenere esami in videocall
“Ho notato che alcuni studenti sono più rilassati proprio per via del fatto che rimangono nell’ambiente domestico. Altri invece non accettano troppo bene l’idea di sostenere una prova in casa propria, forse perché si associa lo stress dell’esame a un luogo, quello di camera tua, che dovrebbe essere solo di comfort e intimità”, prosegue Miriam. “Io comunque cambio almeno stanza”, prosegue sorridendo.
© Università degli Studi di Milano
Ciascuno, insomma, affronta con spirito diverso le difficoltà del periodo. Ma nessuno prende sottogamba la novità degli esami in videocall: “C’è molta serietà sia da parte del corpo docenti, sia da parte di noi alunni”, ci viene raccontato.
Se ti disconnetti rifai l’esame
La Statale affronta la stagione estiva con esami esclusivamente online: “Ci sono molti più appelli, così si dà modo a chi ha connessioni ballerine di presentarsi all’appuntamento successivo, senza eccessive penalizzazioni”. Sì, perché la regola vuole che chi si sconnette non possa essere valutato: “Più che una regola è un indirizzo – spiega Miriam – abbiamo notato che i professori sono molto più comprensivi e tolleranti rispetto al passato, ma se uno si sconnette per qualche minuto di troppo o gli va via il video, l’esame è da rifare”.
Due telecamere per controllare gli universitari
“La maggior parte degli esami in videocall sono stati convertiti da scritti in orali – racconta ancora l’universitaria – ma naturalmente non si poteva farlo per tutti e allora le prove scritte avvengono con gli universitari ripresi da due telecamere: quella del PC inquadra frontalmente chi sostiene la prova, in più viene chiesto al ragazzo di inquadrarsi anche con il proprio tablet o con il cellulare così da avere un controcampo di ciò che ha attorno. In questo modo – illustra Miriam – i professori controllano che i suoi occhi siano fissi sul foglio, che non abbia bigliettini appesi sul monitor o che peggio non inizi a digitare sul computer per cercare le soluzioni online”.
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“Ma finora – prosegue la laureanda – nessuno è mai stato sorpreso a copiare: tutto avviene nella massima serietà, ciascuno di noi è qui perché ha voluto proseguire con gli studi e formarsi per il domani, quindi non avrebbe senso barare”. “Comunque – conclude – gli scritti si tengono in classi più piccole per dare modo al docente di controllare bene i riquadri di ciascun alunno”. Non si scherza, insomma. Quando poi si finisce la prova, si posa la penna, si fotografa il proprio elaborato e lo si invia al professore.
Lezioni più corte, saltati tutti i laboratori
“La nostra Università ha svolto un lavoro eccellente, riuscendo, dopo il momento di sbigottimento iniziale, a convertire la didattica e a proseguire con le lezioni da remoto”. Anche le lezioni, al pari degli esami, hanno subito qualche cambiamento: “Si sono accorti che non potevano più durare due ore, perché la videocall è più pesante di una lezione in presenza, così durano mediamente un’ora e mezza, un’ora e quaranta”.
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“Purtroppo – prosegue Miriam – sono invece saltate le visite nelle aziende, che erano una caratteristica del nostro corso e permetteva di collegare quanto studiato con il mondo del lavoro. E sono saltati pure tutti i laboratori, molti professori hanno già detto che si recupererà il prossimo anno ma io spero di laurearmi in autunno”. Miriam comunque non si è persa d’animo: “Durante la quarantena ho provato a ricreare alcuni laboratori in camera mia, coltivando piantine con il metodo idroponico: esattamente come fa la startup Sfera Agricola di Luigi Galimberti… Sì, lo so, sembro un po’ matta, ma è stato un esperimento divertente. E poi qualcosa andava pur fatto per passare il tempo”.
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Intanto, l’Università Statale di Milano si prepara comunque al rientro in facoltà, che si spera possa avvenire a settembre, sia per gli esami, sia per la sessione autunnale delle lauree (che riguarderà Miriam, cui va un grosso ‘in bocca al lupo’ da parte della redazione), sia ovviamente per le lezioni.
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Bisognerà abituarsi a rispettare le regole della Fase 2 anche all’interno dell’ateneo, dunque si dovranno seguire i nuovi corridoi tracciati con segnaletica orizzontale anche nel cortile per il distanziamento sociale, lavarsi spesso le mani agli appositi dispenser ed evitare gli assembramenti. Ma almeno gli studenti potranno tornare a frequentarsi e a frequentare i professori, perché, come ci ha detto Miriam: “la perdita del contatto umano, anche con i docenti, è sicuramente la cosa che è mancata di più”.
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