Tecnicamente quasi ineccepibile, un nuovo tassello nella galassia HMS. La cinese punta sul design e su caratteristiche audio-video alo stato dell’arte per convincere i suoi clienti a salire a bordo
È un Richard Yu davvero molto motivato quello che è salito su un suggestivo palco virtuale per lanciare il nuovo Huawei Mate 40 Pro: il sovrano assoluto del mondo consumer dell’azienda cinese ha messo in evidenza le caratteristiche tecniche di quella che è oggi l’ammiraglia di casa, uno smartphone che non fa praticamente compromessi e che in tempi normali avremmo immediatamente indicato come il “best of the best” degli annunci della fine del 2020.
Se però il progresso lato hardware di Huawei è incessante, e quest’anno con un nuovo processore allo stato dell’arte e uno fotocamera al top non si è fermato, il suo avanzamento software per la costruzione dei Huawei Mobile Service è stato più lento: ci sono delle novità da raccontare anche su questo fronte, e l’arrembante Richard ha fatto capire che la sua azienda non intende certo tirarsi indietro. Anzi, in un finale appassionato dice che Huawei terrà duro anche contro il terzo ban imposto da Trump ai suoi danni: con tanto di metafora dell’eclisse dopo di cui torna ad affacciarsi il sole, in un finale allegorico su squilli di tromba che strappa un applauso commosso anche da casa.
Schermo avvolgente, fotocamera potente
Ci sono alcuni principi cardine, ormai classici, nella serie Mate: per esempio la simmetria del design nel posteriore, una batteria capiente, uno schermo di alta qualità . Quest’anno il Mate 40 Pro non fa eccezione, ovviamente: il design posteriore riprende quello visto lo scorso anno sul Mate 30, con una disco che ricorda la forma di un obiettivo fotografico vero e proprio e che contiene i 4 sensori (e flash, e tutto quanto serve tra messa a fuoco e altro) solo leggermente più distanziati. Al centro campeggia la scritta “LEICA”, a testimonianza di un sodalizio che ormai prosegue da anni e che vede l’azienda europea fornire al partner cinese un supporto nella progettazione del comparto.
Le fotocamere, dunque, che sono 4 come sul P40 Pro: 50 megapixel la principale, 20 megapixel la Cine ultragrandangolare (di seconda generazione), 12 megapixel la zoom (5x con stabilizzazione ottica dell’immagine: è periscopica, in modalità ibrida raggiunge i 10x), più ovviamente il sensore laser che misura il campo di ripresa in tre dimensioni (ma non è un TOF) per migliorare l’autofocus e offrire performance superiori anche alla regolazione dei parametri di scatto. Scatti e riprese che quest’anno portano all’estremo la tecnologia di assemblaggio e fusione di diversi fotogrammi, così da offrire una resa superiore per l’HDR sia nelle foto che nei video. Ci sono anche tutta una serie di funzioni software aggiuntive (reframing, panning, creazione automatica di clip da 15 secondi perfette per Instagram) che supportano pure chi fotografo o videomaker non è per tirare fuori il meglio da tanti megapixel.
Anche sul frontale c’è una conferma: lo schermo avvolgente, quello che si allunga fino a 88 gradi sui fianchi per creare l’effetto cascata che aveva debuttato lo scorso anno. Rispetto al Mate 30, però, Huawei ha voluto fare un passo indietro (o in avanti, come preferite): torna il pulsante per regolare il volume, ed è una buona idea perché la gesture per richiamare l’audio era un po’ macchinosa. Audio stereo, tra l’altro: altoparlante di sistema in basso e capsula auricolare lavorano in simbiosi, una funzione che non può non esserci su uno smartphone di fascia alta nel 2020.
Lo schermo, dicevamo: 6,7 pollici OLED a 90Hz di refresh, profilo DCI-P3 per la massima fedeltà cromatica e con lo stesso profilo colore che ritroviamo anche nelle fotocamere. Dettaglio simile al P40 la doppia fotocamera frontale: sensore ultrawide da 13 megapixel con abbinato sensore di profondità , così da permettere di sfruttare le gesture e anche una modalità “eyes on display” che in parte c’era già sul P40 e che di fatto impedisce il blocco del telefono se ci vede davanti allo schermo e ci riconosce. Funzioni che poi vanno di pari passo con la nuova EMUI 11, nuova versione dell’interfaccia che lima ancora qualche dettaglio estetico qui e là e che è destinata a completare un po’ il percorso di autarchia varato dopo il ban di Trump. Ma ci torniamo in coda.
Metti un Kirin nel motore
A bordo del Mate 40 Pro, l’unico dei modelli lanciati che arriverà in Italia (colori disponibili: nero e argento), c’è l’ultimo processore di casa: è il Kirin 9000, è costruito con tecnologia 5nm e stando alle parole di Richard Yu contiente più transistor del già incredibile A14 di Apple ed è decisamente più potente dell’ottimo Snapdragon 865 di Qualcomm. Quando dico ultimo, però, in questo caso non mi riferisco solo al fatto che è l’ultimo arrivato: al momento le fonderie taiwanesi e praticamente quelle di ogni altro luogo al mondo sono chiuse per Huawei, sempre a causa del ban di Trump, e dunque non ci sono al momento indicazioni su quando potrà arrivare altro in questo senso.
Ciò nonostante, il Kirin 9000 è davvero un bel prodotto: monta tutta una serie di componenti che sono assolutamente indispensabili per uno smartphone di fascia altissima, come un ISP dedicato all’elaborazione delle immagini (foto e video), la NPU che è l’unità di calcolo dedicata al machine learning e che Huawei ha innalzato a forma d’arte sui suoi telefoni, e poi ovviamente una ottima GPU Mali-G78 unita a un modem 5G (che si chiama ancora, infelicemente, Balong 5000) che secondo Huawei è il più veloce in circolazione su qualsiasi altro smarpthone – e probabilmente su questo punto possiamo dargli credito.
Mettendo assieme un processore fatto in casa, una buona batteria da 4.400mAh, l’ottimizzazione che ormai è cavallo di battaglia per i telefoni Huawei con a bordo HMS (quindi senza servizi Google), le performance si prospettano ottime quanto l’autonomia. Non è poco per un telefono che si rivolge a chi ne fa tipicamente un uso molto intenso, dunque non gradisce trovarsi a secco di energia, e in ogni caso poi c’è il SuperCharge che quest’anno arriva a 66W (così da battere praticamente tutta la concorrenza in giro) che in pochi minuti regala comunque ore di autonomia aggiuntiva. E poi, come promesso, c’è da parlare dell’interfaccia: la nuova EMUI 11.
Huawei si è affrancata, suo malgrado, dalla compatibilità assoluta con i Google Mobile Services: non avrebbe voluto, ci stava bene con i suoi amici di Mountain View, ma Donald Trump ha deciso altrimenti. Dunque la sua nuova interfaccia, che debutta di fatto con il Mate 40, è sempre basata su Android ma se ne distacca pian piano per le funzionalità : c’è uno store dedicato, App Gallery, che negli ultimi mesi ha fatto buoni passi avanti e che comprende ormai anche quasi tutte quelle app bancarie e simili che erano indispensabili – pur mancando un po’ di intrattenimento tipo Netflix o Disney+, per dire, anche se nel frattempo sono arrivati SkyGo e DAZN. Poi c’è Petal Search, che è l’arma con la quale Huawei vuole colmare anche le altre lacune: si cerca un’app, mettiamo sia Facebook, e Petal Search ci trova il modo migliore per installarla dovunque sia disponibile. Non è perfetto, è un passo avanti.
Infine, debuttano anche le mappe: la nuova Petal Maps è il sostituto di Google Maps e dimostra come il percorso di sviluppo della piattaforma HMS stia proseguendo. È ancora in beta, ma è la dimostrazione che Huawei è seriamente impegnata a costruire un’alternativa credibile ai mondi Android e iOS: l’app integra le informazioni sul traffico di TomTom, quindi da questo punto di vista è anche abbastanza affidabile, ed è la base su cui assemblare l’integrazione con quelle app (pensate al delivery) che necessitano di mappe per funzionare. Ormai il cerchio è quasi concluso, mancano solo i pagamenti forse per completare l’allestimento: Huawei comunica di aver raggiunto 9 milioni di clienti attivi mensilmente in Italia sulla sua piattaforma HMS, sono numeri forse un po’ ottimisti, ma resta il fatto che c’è un impegno in questo senso. Se son rose, fioriranno: nel frattempo, per non lasciare spazio a equivoci l’azienda cinese ha fatto sapere pure che i dati dei clienti europei resteranno rigorosamente in Europa (in particolare in datacenter localizzati in Francia e Germania), e che li curerà attraverso una controllata irlandese che si occuperà anche della questione privacy.
Quanto costa Mate 40 Pro (e cos’altro bolle in pentola)
Tra le altre novità presentate da Richard Yu, due arriveranno presto anch’esse sul mercato italiano: parliamo dei nuovi Gentle Monster II, seconda iterazione degli occhiali connessi (con speaker più potenti, migliore autonomia e pure una versione adatta a montare lenti con prescrizione), e delle nuove cuffie sovraurali FreeBuds Studio. I primi sono un vezzo decisamente originale, sono occhiali dal design appariscente che testimoniano l’ambizione di Huawei di costruire un vero ecosistema di prodotti elettronici che abbracci ogni aspetto della vita quotidiana: costano 329 euro.
Le cuffie, beh, pensate a tutta la tecnologia già vista sulle FreeBuds Pro per la cancellazione dinamica del rumore ma applicata a driver più grossi e potenti: hanno un design molto curato, ma naturalmente per essere giudicate andranno ascoltate, e si vanno a infilare in un settore dove i concorrenti principali si chiamano Sony, Bose, Beats e Bower&Wilkins. Sono un tassello fondamentale, però, per Huawei: con la Emui 11 di cui abbiamo appena parlato fa il suo debutto ufficiale anche da noi Celia, il suo assistente vocale, dunque è indispensabile che ci siano molteplici punti di accesso (magari onnipresenti) a questo tipo di tecnologia. Se le specifiche sulla carta saranno all’altezza del suono, il prezzo non è neppure male: 299 euro da listino (sempre con in regalo 6 mesi di Huawei Musica), che magari su strada cala un pochetto e dunque diventa molto aggressivo.
Chi infine si fosse fatto ammaliare dalle doti di Mate 40 Pro, sappia che può già prenotarlo sul sito Huawei: costa 1.249 euro, ma compreso nel pacchetto (se si prenota entro il 15 novembre) ci sono pure delle cuffie FreeBuds Pro e un po’ di mesi di Huawei Music, Huawei Video e 50GB di spazio su Huawei Cloud.