La storia di Hady Ghassabian, ingegnere aerospaziale di 23 anni, è incredibile. Selezionato per un progetto finanziato dalla NASA, sulle Nubi Nottilucenti, in Florida, il giovane italiano trova i fondi per partecipare grazie a un gruppo Facebook e alla solidarietà della rete. In 48 ore.
Trasformare un sogno in realtà. Quando la rete riesce ad esaudire un desiderio allora si può capire, per davvero, quale sia il suo valore. Questa è la storia di Hady, un giovanissimo ingegnere aerospaziale che, grazie a Facebook, ha raccolto i fondi per partire in Florida e partecipare ad un progetto di formazione finanziato dalla NASA. Tutto in 48 ore, grazie alla solidarietà delle persone e alla sua, immensa, forza di volontà.
Chi è Hady Ghassabian
Hady Ghassabian ha 23 anni ed è un italiano di seconda generazione. È nato e cresciuto a Perugia, città in cui si sono trasferiti i suoi genitori che, invece, sono iraniani: «Mio padre è medico, mia madre bio-tecnologa. Da bambino ho avuto la fortuna di poter girare in Europa e in America seguendo le loro ricerche. Ho iniziato presto a sentirmi parte del mondo».
Da piccolo Hady ha sempre avuto la passione per la scienza: «Non mi sono mai piaciute le favole, da piccolo leggevo le enciclopedie e amavo i libri con i pop-up». Poi arriva, prepotente, il fascino dello spazio: «Il merito è in gran parte di Piero Angela. I miei genitori compravano le sue videocassette e io rimanevo folgorato quando parlava di temi che riguardavano l’Universo, lo Space Shuttle, la conquista della Luna».
Alla ricerca di “altro” e la prima invenzione
Hady capisce fin da subito che la scuola non può dargli quello che cerca: «Mi annoiavo. Così ho iniziato a fare cose che stavano al di fuori dalle aule. Volevo di più, volevo altro». L’altro, come lo chiama Hady, inizia a 12 anni con i primi corsi extra-scolastici e le ricerche da auto-didatta.
Nel frattempo si trasferisce a Verona e diventa inventore. A soli 15 anni.
«Ho creato un dispositivo, aiutato da alcuni docenti dell’Università di Verona, che permette la frantumazione del materiale organico a temperature criogeniche in modo che, alla fine, il DNA e l’RNA di quel materiale non venga alterato». Capisco, solo in parte. Così gli chiedo di spiegarmi qual è l’innovazione che tutto ciò comporta: «Beh, prima questo processo veniva fatto manualmente e utilizzando strumenti costosi e ingombranti. Il mio dispositivo riduce i tempi ed è totalmente low-cost. Potenzialmente, può essere collocato in ogni laboratorio».
Padova e poi la Germania. Ma non solo
Hady non è uno che si accontenti facilmente. La curiosità lo spinge a muoversi, a viaggiare, a incontrare persone. Soprattutto a imparare. Si iscrive all’università di Padova per fare ingegneria aerospaziale: «Mi sto specializzando sulla robotica e sull’ingegneria dei sistemi». Ma l’Università, come la scuola, non gli basta: «Spendo le mie energie e le mie risorse in moltissimi progetti. Credo che ognuno di noi si faccia il suo bagaglio personale principalmente sul campo e partecipando attivamente a varie iniziative e team di ricerca. Bisogna fare altro, sempre».
L’intervista è via skype. Hady, infatti, si trova in Germania a lavorare con l’Agenzia Spaziale Tedesca (DLR Insitute of Space Systems) per un progetto chiamato EDEN (Bio-regenerative life support systems). Studia sistemi chiusi, usando anche le piante, che verranno utilizzati nelle future missioni interplanetarie per tagliare i costi dei rifornimenti e le problematiche connesse. In poche parole: «Mi occupo di ingegneria dei sistemi di supporto vitale per futuri habitat Marziani».
Gli chiedo com’è arrivato in Germania e la sua risposta mi stupisce: «Ho contattato direttamente i responsabili del progetto. Mi sono presentato e ho spiegato quanto volessi intraprendere un periodo di studio e di ricerca in quel luogo. E mi hanno accettato. Tutto molto semplice». Un curriculum, una lettera di motivazione. Qualità fuori dal comune. E il gioco è fatto.
E ora in Florida a studiare le nubi nottilucenti
Sono venuto a conoscenza della storia di Hady grazie a quest’ultimo tassello. Un progetto finanziato dalla NASA dal nome romantico, Nubi Nottilucenti: «Sono stato selezionato per il Scientist-Astronaut program per una ricerca finanziata dalla NASA in collaborazione con la Embry-Riddle Aeronautical University che si trova vicino a Daytona Beach».
Il programma di ricerca comporta lo studio delle Nubi Mesosferiche Polari (o nottilucenti) che avvengono di media ad una quota di 85 chilometri e con maggior frequenza sui poli terrestri: «Si sa poco o niente di questo fenomeno che è direttamente collegato al minimi solari, ovvero alle attività del sole, e al riscaldamento globale. Ma può essere anche un rischio per le missioni spaziali. Il progetto è partito nel 2012 e si serve di veicoli suborbitali specifici». Queste nubi, infatti, si verificano ben al di sopra delle rotte percorse dagli aeroplani ma al di sotto dei satelliti che potrebbero studiarli: «Per ora il veicolo utilizzato per questa ricerca è il Lynx della Xcore, ma è probabile che si utilizzerà, in futuro, il New Shepard della Blue Origins al suo posto».
Gli chiedo dei criteri di selezione e stavolta la trafila non è stata simile a quella che ha portato Hady in Germania: «Ho saputo di essere stato scelto a metà febbraio. Tra i requisiti di accesso c’era la licenza da sommozzatore e un’esperienza di volo. Ma non solo. Bisognava avere nel curriculum qualcosa che mostrasse di conoscere la materia del progetto. Io ho avuto la fortuna, la scorsa estate, di andare in Russia per svolgere un periodo di ricerca al Rocket and Space Center Progress e la Russian Academy of Cosmonautics. Ho fatto parte di un team che si occupava della progettazione di una costellazione di CubeSat per lo studio del fenomeno delle “Scintillation effect” nella ionosfera . È stata la mia carta vincente». Ma andare in Florida costa. Non è un posto finanziato dalla NASA che, invece, mette i soldi per il progetto. È un’opportunità di formazione, per imparare sul campo, ma bisogna auto-finanziarsi.
Solitamente partecipano studenti americani. Ma Hady non si arrende
Il ruolo della Singularity University (e della rete)
Il primo tentativo riguarda l’Università e gli enti di ricerca: «Niente. Nessuno ha manifestato un interesse concreto. Ma io avevo bisogno di coprire un budget». Poi, la svolta. Hady partecipa all’evento di apertura della Singularity University, a Milano: «Lì ho incontrato persone fantastiche a cui ho raccontato la mia storia».
Tornato a casa, Hady si iscrive al gruppo Facebook collegato. Mette un post in cui spiega i motivi per cui ha bisogno di trovare quei soldi e l’importanza di non perdere quell’opportunità: «Sono rimasto sbalordito dalla quantità di commenti. Moltissime persone hanno cercato di aiutarmi. Chi lavorava per grandi aziende, chi aveva certe conoscenze che potevano essere interessate ad aiutarmi, chi ha potuto darmi dei consigli in ambito legale e a sbrigare le pratiche necessarie».
Così, in sole 48 pre, Hady raccoglie 6mila euro e corona il suo sogno.
Mi chiede di riportare alcuni nomi. Sono quelli che maggiormente hanno preso a cuore la sua storia e che lo hanno aiutato: «Citali se puoi» Si raccomanda. E io sono contento di farlo. Eccoli: Andrea Dusi e Cristina Pozzi (con WishDays), Luca La Mesa, Andrea Geremicca, Roberto Pasi.
Hady andrà in Florida tre volte. Una settimana in primavera e una in autunno per apprendere sul campo e lavorare fisicamente alla ricerca. Poi tornerà nel 2017 quando, con il lancio, si concluderà la missione. Nel frattempo lavorerà online per imparare e formarsi. Tutto in attesa di una nuova sfida e di ripartire in cerca di quello che lui chiama “altro” e che, in fondo, è ciò che guida la sua intera vita.