«A Barcellona stiamo facendo i conti con le restrizioni sul consumo di acqua per far fronte alla siccità. Su questo aspetto facciamo la nostra parte: abbiamo condotto uno studio ed è emerso che grazie alla second hand economy di Wallapop sono stati risparmiati 20 miliardi di litri d’acqua». Il Ceo di Wallapop, Rob Cassedy, è a capo di una delle società più note del settore. In questa intervista a StartupItalia ci ha raccontato come la scaleup intende la propria mission, in un mercato in cui i consumatori sono sempre più attenti a concetti come riuso, risparmio e sostenibilità. Siamo partiti dall’acqua, non a caso. Secondo i dati del Parlamento Europeo, per produrre una t-shirt in cotone occorrono 2.700 litri di acqua dolce, ovvero quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo. Il fast fashion e il consumismo pesano non poco sulla bilancia ambientale.
A inizio marzo scorso Wallapop ha annunciato l’estensione del round Serie G, con 20 milioni che si sono aggiunti ai 240 complessivamente raccolti da quando è stata fondata. La sua valutazione ha raggiunto gli 806 milioni di euro. Sarà presto il prossimo unicorno europeo? «Non è una cosa a cui penso, a esser sincero. Ciò che tiene unito il team è molto di più di questo scenario. Senz’altro soddisfa i nostri azionisti. La valutazione continuerà a crescere, ma non è l’argomento a cui penso tutti i giorni».
Fondata a Barcellona nel 2013, Wallapop si è poi espansa in Italia e Portogallo. La startup, per chi non la conoscesse, dà la possibilità di vendere e acquistare oggetti usati, dai vestiti agli accessori gaming. Con un passato in eBay, Cassedy è diventato Ceo dell’azienda nel 2018. Un business del genere ha dovuto fare anzitutto i conti con resistenze di carattere culturale. «La startup è partita con due sfide. La prima: rendere il commercio dell’usato cool. La seconda: renderlo accessibile e facile».
Le barriere sono presenti in tutti i mercati. Fondata più di dieci anni fa, in un periodo di grande fermento per la rivoluzione del digitale e del mobile, Wallapop ha puntato in particolare su un dispositivo. «Abbiamo sfruttato la potenza dello smartphone con la geolocalizzazione e la fotocamera per elencare gli oggetti. Ci abbiamo aggiunto servizi transnazionali con spedizioni che venissero incontro anche alle persone che non vivono nelle grandi città».
Dall’osservatorio di una delle società europee impegnate sulla second hand economy provengono dati interessanti anche sulle abitudini ai consumi. «Ogni due anni facciamo un sondaggio in Spagna, in cui chiediamo agli utenti la loro percezione dell’usato. Lo replicheremo anche in Italia. Nell’ultima ricerca è emerso che il 60% intende acquistare più prodotti usati rispetto ai nuovi nei prossimi anni. È incredibile: implica una trasformazione massiccia della vendita al dettaglio».
Secondo i dati forniti dalla società, nel 2022 gli acquisti su Wallapop hanno contribuito a evitare 510.535 tonnellate di emissioni di CO2. Ciò non significa che questa branca dell’ecommerce abbia raggiunto la neutralità carbonica. Nel corso dell’intervista abbiamo affrontato anche l’impatto che la logistica ha sul traffico e nelle città. Diverse società impegnate nel settore stanno riconvertendo la flotta verso van elettrici. «Usare i servizi di consegna può spesso essere più efficiente rispetto a operare da soli. All’inizio senz’altro era un qualcosa che non avevamo considerato, ma ce ne siamo resi conto col tempo».
Alla guida di una società in crescita, Wallapop fa parte di un ecosistema dell’innovazione che sta ancora affrontando una fase delicata, con licenziamenti di massa, a partire dagli USA. «Ovviamente il mondo è cambiato molto negli ultimi quattro anni. Siamo stati fortunati a mantenere il nostro organico pressoché invariato, il che di questi tempi è una vittoria». Da tempo a Barcellona, Cassedy ha fatto esperienza anche in altri hub europei.
Prima di arrivare a Wallapop, ha infatti lavorato per eBay a Berlino. «Ci ho vissuto dal 2012 al 2018. Ho visto la città trasformarsi e diventare una delle capitali delle startup. Quando sono arrivato a Barcellona ho assistito a una evoluzione molto simile. Si parte con alcune storie di successo e poi l’ecosistema prende slancio».
Come capita sempre nelle interviste ai Ceo e agli imprenditori di startup negli ultimi tempi, non può mancare un commento sull’intelligenza artificiale. La tecnologia, del resto, pervade il dibattito. In Wallapop viene impiegata in qualche ambito? «Lavoriamo su alcuni programmi di AI da anni. Ci aiuta a moderare i contenuti e a mostrare agli utenti ciò che è più rilevanti per loro. C’è senz’altro potenziale nell’AI generativa: ci chiediamo come aiutare le persone che vogliono ricevere le risposte alle loro domande. Per il momento ci stiamo solo immergendo».