Salvo MIzzi guiderà il fondo di Invitalia da 50 milioni pensato per far crescere 100 startup, ecco chi è e perché che sia lui a guidarlo è una buona notizia
Mizzi. Anzi, Mizzica! Ha fatto un bel colpo Domenico Arcuri affidando a Salvo Mizzi la gestione del nuovo fondo da 50 milioni di Invitalia. Salvo Mizzi gioca da sempre nel campo dell’innovazione. E’ stato uno startupper digitale già negli anni ‘90. Io l’ho conosciuto nel 2009, quando ero da poco direttore di Wired: dopo tre o quattro numeri, mi chiese un incontro, nella sede di Telecom dove lavorava; parlammo a lungo di come sarebbe stato bello e utile unire le forze per far crescere un movimento di innovatori nel paese e qualche settimana dopo a Milano tenevo a battesimo il suo Working Capital.
Working Capital, presto diventato solo WCap, è stato un antesignano: era un programma che metteva in palio dei “grant” da 20/25 mila euro per alcune decine di aspiranti startupper. Oggi di programmi così ce ne sono tanti, allora no. Eravamo soli. Con WCap per un paio di anni abbiamo girato il paese, università dopo università, spesso condividendo il palco con Gianluca Dettori e con l’indimenticabile Marco Zamperini; ogni volta raccontando ai ragazzi che ci ascoltavano le meravigliose opportunità del digitale. “Non cercate un lavoro, provate a crearne uno” era il nostro motto. Ci hanno creduto in tanti, visto dove siamo arrivati.
Gli anni di Working Capital e i garibaldini dell’innovazione
Wcap era partito come un progetto di comunicazione di Telecom Italia, ma con Salvo Mizzi ben presto è diventato molto di più: ed è stato spostato alle “operations”. E’ stato allora che è stata aperta una serie di acceleratori dove ospitare gli startupper prescelti che tuttora funzionano bene. Ma nel frattempo la comunicazione diventava azione politica: ricordo quando portammo Lawrence Lessig a parlare a Montecitorio, quando disse ai parlamentari che erano dei dinosauri; quando venne Joi Ito, che oggi guida il MediaLab del MIT, a spiegare i vantaggi di creative commons; quando con Michael Spence lanciammo l’idea della Banca dell’Innovazione. Formidabili quegli anni, a volte ci sentivamo come dei nuovi garibaldini e infatti nel 2011 lanciammo il progetto dei Nuovi Mille, chiedemmo alla startupper Linnea Passaler di prestarci il suo volto, e girammo l’Italia per dire che l’Italia poteva cambiare solo così, scommettendo sull’innovazione.
A che è servito? A tanto. Anche solo se penso ad alcune delle startup che sono passate da lì: Decysion, Pazienti, Eco4Cloud, Oil Project. Ma il vero bilancio di quegli anni non è numerico, è culturale. E’ il mare in cui nuotiamo oggi, dopo aver lasciato la palude della rassegnazione.
Non cercate un lavoro, provate a crearne uno!
Da un anno Salvo Mizzi aveva lasciato Wcap e aveva preso le redini di Tim Ventures, un piccolo fondo di Telecom, mettendo in fila nove operazioni in poco tempo. E adesso a sorpresa arriva la guida di Invitalia Ventures, ovvero di questo nuovo soggetto che si candida a diventare un abilitatore dell’intero sistema: per il fatto di dover investire assieme ad altri investitori privati, punta a far decollare con un milione di euro 100 startup. Non è la fine dei nostri problemi, ma è un deciso passo in avanti. Oggi infatti la partenza per uno startupper non è più un problema: grazie al lavoro fatto dal ministero dello sviluppo economico negli ultimi tre governi, le norme per fare impresa sono molto più semplici e vantaggiose; e i soldi per iniziare, i primi 20/25 mila euro si trovano facilmente. Come dimostrano i numeri del registro delle imprese, dove le startup innovative sono vicine al tetto delle quattromila. Ma questo successo nasconde una debolezza: è come se avessimo detto a migliaia di ragazzi di fare il giro del mondo e li avessimo buttati in mare senza una barca. Nuota, se sei capace. Molti di loro sono più che capaci, sono davvero bravi, ma non basta.
Il fondo di Invitalia può dare la spinta che serve all’ecosistema
E quindi il primo milione di euro per scalare e giocare davvero adesso diventa un obiettivo raggiungibile per i più bravi. Certo, manca ancora la terza fase, il round da 5 milioni per intenderci, ma ci arriveremo. Intanto Invitalia con questa mossa passa dalla fase, discutibile, dei soldi a fondo perduto per le regioni del sud o del prestito senza interessi per tutti, ad un ruolo in cui non chiede più ai ragazzi di indebitarsi, ma rischia del suo. E lo fa affidandosi non ad un occhiuto burocrate ma ad una persona che questo mondo lo conosce perché ha contribuito a costruirlo. Spero davvero che Salvo Mizzi faccia bene, ci sono tutte le condizioni perché accada. Noi, nel nostro piccolo, lo aiuteremo.