“Quando pensiamo a qualsiasi professione ci viene in mente un uomo. Raccontare le donne è un modo per riequilibrare questa narrazione”. Perché l’imprenditrice agricola di Padova, già vicepresidente dell’Associazione Nazionale Giovani Agricoltori e di Confagricoltura, vuole evidenziare l’importanza nel settore di coltivatrici e ricercatrici
“Gli agricoltori hanno il dovere di raccontare come lavorano perché stiamo dimenticando sempre più in fretta da dove viene il cibo”. Deborah Piovan, agricoltrice e comunicatrice, è anche l’autrice del libro Agricoltura: femminile singolare. Donne che coltivano il futuro (Maria Pacini Fazzi Editore). La spinta a intraprendere questo lavoro gliel’ha data Ines, una donna della terra che l’ha commossa con i suoi racconti di fatica, datati non tanto tempo fa. “Perdere il ricordo di quanto sia facile vedere un raccolto andare in frantumi a causa di una gelata o grandinata, è pericoloso perché porta a trascurare l’unico metodo che abbiamo per procurarci nutrimento: l’agricoltura”. Piovan parte da qui per raccontare l’apporto che le donne stanno portando al settore, innovando, sperimentando, ma anche solo ricordando il lavoro della terra.
Il libro
Per scrivere questo libro Piovan parte da una premessa. La sfida per il prossimo futuro consisterà nell’individuare un criterio razionale per produrre cibo e, conseguentemente, di nutrirsi. Tutto questo senza dimenticare che ciò che mangiamo dovrà comunque essere certo nella sua distribuzione, salutare e nutriente. Piovan è un’agricoltrice. Insieme alle sue sorelle si occupa della coltivazione di frumento, soia, barbabietola, piselli, arachidi, colza. Presiede un consorzio di produttori di noci (di cui è anche produttrice). Considera il cibo un potente strumento di condivisione e si piega alla “fatica” di cucinare solo per garantire ai suoi cari il nutrimento giusto, fatto anche di calore e coccole.
“Quando pensiamo a qualsiasi professione (fatta eccezione forse per le maestre), ci viene in mente un uomo. Raccontare le donne che lavorano per la terra è un modo per riequilibrare questa narrazione”
Da molti anni Piovan si occupa di comunicazione e divulgazione, anche grazie a incarichi istituzionali. Va a parlare nelle scuole. Scrive per raccontare l’agricoltura e i suoi bisogni. “Questa pratica riguarda tutti noi perché la società intera mangia tre volte al giorno”. Le donne sono al centro di questo volume perché c’è bisogno di “riequilibrare il racconto del lavoro e delle lavoratrici. È un modo per dare un role model a ragazze e ragazzi, riconsiderando la forma mentis impressa dalla cultura patriarcale. Quando pensiamo a qualsiasi professione (fatta eccezione forse per le maestre), ci viene in mente un uomo. Raccontare le donne che lavorano per la terra è un modo per riequilibrare questa narrazione”.
Le donne coinvolte
Piovan è andata in cerca di storie di rottura. Forti. Ma anche suggestive. Come quella di Catherine Langar, giovane keniota, che lavora per Euroseeds, l’associazione dei sementieri europei. O di Lynn Larson, imprenditrice agricola e allevatrice dell’Illinois. Non mancano le voci italiane, come quella della giornalista scientifica Anna Meldolesi, la biologa ricercatrice Vittoria Brambilla, la senatrice a vita Elena Cattaneo e la studentessa e ambientalista Anita Giabardo.
Minjung Kim è direttrice responsabile per il Ruanda della O.N.G. sudcoreana Good Neighbors International, impegnata nel programma per lo sviluppo delle comunità, gestione delle risorse naturali e sviluppo sostenibile. Poi ci sono la giornalista Pamela Ronald, le imprenditrici Maria Beatriz Pilu Giraudo e Gabriela Cruz. Ma questo libro non esisterebbe senza un’anziana donna che abita lungo la costa adriatica veneta, Ines.
Da dove veniamo: il racconto di Ines
Il capitolo che ha dato il via a questa riflessione sul femminile singolare – ma anche plurale – agricolo è quello su Ines. Metterla al fianco di scienziate, ricercatrici e imprenditrici non è stato difficile, ma non è stata nemmeno una scelta.
“L’idea del libro mi è venuta parlando con lei. Il ricordo della fatica di produrre cibo coltivando la terra, mi ha fatto tornare alla mente i racconti delle mie nonne. Mi ha fatto capire che siamo tutti figlie e figli della tradizione contadina“.
“Da donna, Ines ha patito una situazione di dipendenza economica, come tutte le donne del nostro passato. Questo racconto ci dice da che cultura veniamo e qual è il lavoro ancora da fare per cambiare questa cultura patriarcale”
Questa consapevolezza ci serve per ricordare da dove veniamo, un tempo non molto lontano, quasi ieri. Ma solo guardando al passato è possibile affrontare il futuro. “Non è un paradosso. Quel tempo non va dimenticato, altrimenti rischiamo di soccombere alle sfide che stanno arrivando, anzi sono già qui, come quella del cambiamento climatico”.
Genetica al servizio dell’agricoltura: Anna Meldolesi
Ventuno anni fa Anna Meldolesi scriveva Organismi geneticamente modificati: storia di un dibattito truccato. Nonostante il ventennio trascorso, il volume resa estremamente attuale e utile a fare chiarezza sul tema degli Ogm. Anche perché oggi non ci si può più permettere di ignorare una tecnica e una tecnologia che possono alleviare la morsa della fame sul pianeta.
“Anna Meldolesi è una giornalista scientifica che, con grande responsabilità, si muove dalla verifica di ciò che scrive, certificandone l’attendibilità. A questo rigore, aggiunge una profonda conoscenza dell’antropologia e psicologia umane, che le permette di rispettare una delle nostre più importanti emozioni di base: la paura, che è comprensibile e va rispettata”.
“Abbiamo perso la capacità di analizzare i rischi. Riusciamo a pesare il rischio dell’attività, ma non quello dell’inattività. Decidere quali tecnologie adottare è facile, più complicato scegliere quali non adottare”.
“Cambiare significa prendere delle decisioni e il giornalismo scientifico deve aiutarci in questo”
A sorpresa, durante il suo lavoro di scrittura, Piovan ha scoperto che, nonostante l’anzianità del settore e la redditività incerta, gli agricoltori vogliono l’innovazione. Chiedono l’accesso al digitale, alle biotecnologie.
“Il freno e l’attaccamento nei confronti della tradizione contadina sono tutti nel consumatore, indottrinato dal marketing. La descrizione di una vita bucolica tra i campi è un idillio inesistente”
“Il freno e l’attaccamento nei confronti della tradizione contadina sono tutti nel consumatore, indottrinato dal marketing. La descrizione di una vita bucolica tra i campi è un idillio inesistente. In quel tempo e in quei luoghi c’erano solo fatica e incertezza. Oggi il settore chiede quadri normativi che spronino l’innovazione. Il giornalismo scientifico ha il dovere di raccontare queste richieste. La scienza non deve cadere nell’errore di vendere certezze, come accade nel marketing. Deve invece fare un faticoso lavoro di comunicazione dell’incertezza”.
Con le mani nella terra: Lynn Larson
Lynn Larson è un’imprenditrice agricola. Una donna che si sporca le mani. Quando Deborah Piovan la contatta per fissare un’intervista, le chiede di pazientare fino alla fine del raccolto. Le priorità sono chiare. Quando si tratta di pensare se essere donne e imprenditrici agricole faccia la differenza in questo lavoro, Piovan spiega che ciò che conta è la professionalità. A prescindere dal genere. La vera differenza? In Italia, l’esporsi.
“Conosco molte famiglie di agricoltori in cui lavorano moglie, marito, figli e genitori anziani. Le donne ci sono sempre state. Gli uomini sono abituati a vederle e a tenerle in considerazione nei campi. Ma quando si tratta di uscire e trattare con l’acquirente o il venditore dei prodotti, il compito spetta gli uomini”
“Ci vuole ecletticità. Forse le donne sono più eclettiche? Può darsi. Ma, su tutto, vale la professionalità”
Qualcosa sta cambiando. Si veda il ruolo di Diana Lenzi, la nuova presidente del Ceja, l’Organizzazione dei Giovani Agricoltori Europei, che raccoglie 30 associazioni agricole e due milioni di produttori Ue.
“Gli agricoltori hanno imparato che le loro figlie possono gestire le aziende e impegnarsi nelle attività di rappresentanza. Per tutti vale l’approccio di grande professionalità. Ci vogliono competenze chimiche, agronomiche, biologie ed economiche.
Nuove frontiere: Catherine Langat
Se un paese soffre la fame, prima o poi sarà un problema anche per l’Europa. Questa frase di Catherine Langat non perdona. Profetica, apre il ragionamento sulle nuove frontiere che l’agricoltura sta esplorando: quelle di coltivazioni in climi e condizioni proibitive. Lei, che ha sperimentato la fame – la sua e quella degli altri – ha imparato che, se qualcuno ha fame, non si può star bene. Per questo, trovare soluzioni innovative ai problemi dell’agricoltura è un imperativo globale.
“Catherine Langat ha visto persa la sfida contro inondazioni, siccità ed epidemie di insetti. Per questo si è impegnata sul fronte della ricerca, portando l’innovazione delle aziende. Si occupa di sementi e di genetica agricola, al fine di migliorare la resistenza dei vegetali. Il miglioramento genetico è una delle risposte più importanti alle sfide di questo secolo”. Il futuro ricomincia da qui. Da un mondo più empatico verso chi non può entrare in un supermercato e scegliere di dimenticare da dove viene il broccolo che si sta per comprare. Ma anche dall’innovazione tecnologica, chiamata a dare risposte alla fame del pianeta.