In collaborazione con |
Una scienziata straordinaria il cui ruolo fondamentale nelle operazioni della NASA è passato sotto traccia per troppo tempo
Quasi nessuno aveva mai sentito parlare di Katherine Johnson prima del 2016. La situazione è radicalmente cambiata grazie all’uscita del libro “Hidden Figures: The American Dream and the Untold Story of the Black Women Mathematicians Who Helped Win the Space Race,” scritto da Margot Lee Shetterly, con l’intento di raccontare una storia vera dove la segregazione razziale si mescola alla discriminazione di genere.
Le protagoniste della storia sono le matematiche di colore che, negli anni’50 e ’60 del secolo scorso, lavoravano alla NASA come calcolatori con il compito di calcolare le finestre di lancio, le traiettorie ed il punto di atterraggio dei razzi e delle sonde. Un compito delicato, dal quale dipendeva il successo delle missioni e l’incolumità degli astronauti, ma al quale veniva data pochissima pubblicità.
Nessuno le ha mai visto nelle foto della stanza di controllo delle missioni umane della NASA.
Le signore c’erano ma stavano in disparte, pronte a intervenire quando qualcuno arrivava di corsa con in mano un foglietto con un quesito per il quale dovevano calcolare la risposta. Nessuno parlava di loro, non comparivano, erano proprio Hidden Figures, figure nascoste, e sarebbero rimaste sconosciute se il libro non avesse portato alla ribalta la loro storia. Molto del merito va anche al fortunatissimo (e bellissimo) film intitolato, appunto, Hidden Figures che, nella traduzione italiana, è diventato Il diritto di contare.
Hidden Figures ebbe la nomination per 3 Oscar, incluso quello per il miglior film. Benchè alla fine non sia arrivato nessun premio, la platea ha tributato la standing ovation a Katherine, che era stata invitata sul palco insieme alla attrici che hanno interpretato la storia sua e delle sue colleghe. Nel 2017 Katherine aveva 98 anni ed era l’unica delle protagoniste ad essere ancora viva.
La NASA e, con lei, gli Stati Uniti ed il mondo intero hanno riscoperto la storia dei calcolatori con la gonna, come li ha definiti la stessa Katherine in una intervista. Non si può certo dire che le capacità di Katherine fossero passate inosservate. C’era lei dietro il lancio di Alan Shepard, il primo americano a fare un volo suborbitale, ed è a lei che si volle rivolgere John Glenn per il quale il piano di volo era stata fatto con l’utilizzo di uno dei primi computer. Glenn chiese che “the girl” controllasse i numeri del computer. C’era lei, insieme alle sue colleghe afro-americane, dietro la traiettoria di Apollo 11 ma nessuno lo ha mai saputo.
Per apprezzare a fondo la dimensione straordinaria di queste donne, consideriamo che lavoravano nella segregated West Area Computers division, all’interno della Flight Research Division del centro della NASA di Langley in Virginia, uno stato dove all’epoca vigeva la discriminazione razziale. Per le persone di colore, gli spazi di lavoro, i tavoli nella mensa, i bagni erano rigorosamente separati (segregated) da quelli dei bianchi.
Alla NASA all’epoca le persone impiegate nelle Flight Division erano organizzate in diversi piani sociali. Al gradino più basso le matematiche di colore (in generale molto preparate), sopra di loro le matematiche bianche (a volte, meno preparate delle colleghe) ed ancora sopra i matematici e gli ingegneri bianchi.
Ketherine e le sue colleghe erano, dunque, doppiamente discriminate, eppure il loro lavoro era talmente apprezzato che Katherine fu tra le prime donne a comparire come autore o co-autore di rapporti tecnici NASA che sono poi diventati articoli si riviste scientifiche. Si racconta che riuscì ad avere accesso alle riunioni dei colleghi maschi e bianchi. Con il suo modo di fare gentile ma deciso chiese se c’era una legge o una regolamento interno che le vietasse di prendere parte alla riunione. I colleghi, presi alla sprovvista, risposero che non erano al corrente di nessun divieto e lei si sedette con naturalezza e da allora partecipò alle riunioni, infrangendo una doppia barriera di genere e di razza.
Katherine ha lavorato 33 anni nella Flight Research Division del Langley Resaerch Center della NASA amando moltissimo il suo lavoro che ha fatto con entusiasmo mentre aveva una vita intensa famigliare fatte di tre figlie, della tragica morte del primo marito e di un secondo matrimonio. Nel 1986 è andata in pensione ma ha dovuto aspettare 30 anni prima che la sua storia, e quella delle sue colleghe, venisse alla luce.
Il 1 dicembre 2016, l’allora Amministratore della NASA Charles Bolden consegna un diploma a Katherine Johnson durante una cerimonia per onorare I membri della segregated West Area Computers division dello Langley Research Center.
Per primo si è mosso il Presidente Obama nel 2015, conferendo a Katherine la Presidential Medal of Freedom, dicendo che rifiutò di essere limitata dalle aspettative della società nei confronti del suo genere e della sua razza poi, nel dicembre 2016, la NASA ha deciso di onorare le signore che avevano lavorato nella segregated West Area Computers division.
L’attenzione non è diminuita con il passare del tempo e, mostrando di non volere ripetere gli errori del passato, la NASA nel febbraio 2019 ha dedicato a Katherine Johnson la Computational Research Facility del Langley Research Center. Inoltre, la strada davanti al quartier generale della NASA di Washington ha cambiato nome ed è diventata Hidden Figures Way.
Infine, è stato l’Amministratore della NASA Jim Bridenstine a dare l’annuncio della sua scomparsa, a voler sottolineare la volontà della NASA di riconoscere a Katherine il suo posto nella storia della conquista dello spazio.