Esattamente due anni fa usciva su PC e console maggiori (anche PS5 e Xbox Series X|S) Outward Definitive Edition. Un arrivo inatteso, considerato che il titolo originale uscì solo nel 2019. La nuova versione includeva tutti i DLC usciti – The Three Brothers e The Soroboreans – ma, soprattutto, apportava diverse migliorie a un titolo interessante eppure funestato da parecchi difetti su cui, al momento dell’uscita, fu difficile passare sopra.
Ora Outward Definitive Edition approda anche su Nintendo Switch. Una conversione non delle più facili, perché se è vero che l’originale non godeva comunque di un impianto tecnico particolarmente esoso è altrettanto vero che la console ibrida giapponese non è particolarmente potente. Nell’impresa si è cimentato il team di Sneaky Box guidato da Liudas Ubarevičius e Justas Šalkevičius. Vediamo allora di spiegare perché questo videogame così tosto è al tempo stesso tanto affascinante.
Outward Definitive Edition, cos’è cambiato?
Quando uscì, nel 2019, Outward impressionò alcuni per le tante buone intuizioni, ma scoraggiò i più per l’incredibile ruvidezza del gameplay. Difficile muovere rimproveri ai ragazzi di Nine Dots Studio, startup canadese con sede in Quebec: avevano fatto il passo più lungo della gamba, complici l’inesperienza e l’entusiasmo, e il gioco si era afflosciato su se stesso, sotto il peso delle tante cose buttate lì per costituirne l’intelaiatura che andavano però al di là del budget e delle risorse umane a disposizione della piccola software house indipendente.
Outward Definitive Edition si ripresenta insomma con l’intento di rappresentare Outward così come sarebbe dovuto essere fin dall’inizio: meglio bilanciato, meno ispido e con una migliore cura sotto il fronte della grafica e delle animazioni. Ci è riuscito? Nì. Gli interventi sono stati tanti, segno che gli sviluppatori hanno ascoltato attentamente le critiche mosse all’originale.
Leggi anche: Dragon’s Dogma 2, dopo 12 anni torniamo nel mondo di Hideaki Itsuno
Tuttavia, soprattutto sul fronte tecnico, continuiamo a essere dalle parti dei titoli usciti per la precedente generazione di console, sia per mole poligonale, sia per qualità delle texture. Nonostante questa semplicità grafica, i rallentamenti abbondano. Ancora da rivedere totalmente o quasi, poi, il sistema di combattimento, lento e farraginoso, con animazioni che talvolta paiono casuali e ci impediscono di comprendere il modo in cui il nemico sta per attaccarvi. Insomma, scordatevi Elden Ring (a proposito, qui la nostra recensione).
Ma per fortuna c’è molto altro, in questo videogioco canadese. L’aspetto più interessante è la fusione di due generi: RPG e survival game. Questo fa sì che il nostro personaggio, debole come pochi, si becchi malus ogni volta che si muove (e ogni volta che si muove, consuma stamina), tra insolazioni, raffreddori, avvelenamenti e malattie di tutti i tipi. Cibo e acqua non mancano, ma i parametri debbono essere costantemente tenuti sotto controllo.
Nemmeno accamparsi, in un mondo tanto spietato come quello di Outward Definitive Edition, è una operazione semplice, dato bisognerà decidere non solo le ore di sonno, ma anche quelle necessarie a riparare l’equipaggiamento e che passerete di guardia, o aumenteranno le possibilità di essere assaliti da qualche tagliagole mentre ronfate.
Ecco, questo dovrebbe farvi intuire in che razza di posto sia ambientato Outward Definitive Edition e perché venga inteso come GDR old school: nessuno vi regalerà nulla, tutti sono pronti a passarvi per le armi e, quel che lascia sgomenti, è che il gioco non vi dà alcun suggerimento. Persino apprendere i rudimenti di magia, che in tanti giochi è qualcosa che si sa dall’inizio o che viene appreso salendo di livello, qua è un’impresa che richiede di recarsi in una particolare zona della mappa (noi ci siamo finiti casualmente).
Tutto, poi, ruota attorno al concetto che se volete una cosa, dovete cederne un’altra: se volete lo zaino, diventerete più lenti, se volete lo zaino che non blocca le schivate, dovrete accontentarvi di un modello dalla capienza di un marsupio; se volete diventare maghi, dovrete sacrificare vita e stamina, mentre se volete nuove abilità, andranno acquistate da appositi maestri d’arme sparsi per i villaggi (la moneta, insomma, oltre a essere preziosissima – il gioco inizia con la necessità di ripagare un debito ereditato – sostituisce di fatto i punti esperienza).
It’s dangerous to go alone in Outward Definitive Edition
Di fronte a cotanta cattiveria, due le soluzioni: la prima è tornare a letto e piagnucolare. Ma se entro cinque giorni non ripagherete il debito di cui sopra, restereste fuori al freddo (e vi beccherete malanni su malanni), la seconda, ed è l’aspetto più convincente di Outward Definitive Edition, chiamare un amico perché vi dia una mano, o per lo meno condivida le vostre disavventure. Mentre nell’originale si poteva affidarsi all’online e al locale, col classico split screen, su Switch resta solo la prima opzione. Probabilmente per evitare che l’aggiornamento del frame rate diventasse ancora più ballerino e il downgrade grafico fosse ancora più evidente.
Insomma, Outward Definitive Edition è un videogioco di spessore, zeppo di cose da fare e paesaggi da vedere (alcuni invece sono dimenticabilissimi: la mappa ha alti e bassi qualitativi piuttosto marcati) ma che richiede tanta, tantissima pazienza. Il personaggio è debolissimo, anche solo lanciare una magia impone la combinazione di più azioni e di possedere una pluralità di oggetti e le insidie che ci faranno ammalare o peggio, morire, sono tantissime.
Leggi anche: Unicorn Overlord, perché non dovrebbe mancare nella vostra ludoteca
Il gioco, poi, è pure avaro di suggerimenti e spiegazioni (ma la community che si è coagulata attorno a esso, dal 2019 a oggi, ha fortunatamente messo su Youtube un bel po’ di tutorial). Chi si farà carico della decisione di non mollarlo dopo le prime ore trascorse senza comprendere dove occorre andare e cosa bisogna fare troverà un RPG spigoloso ma capace di regalare soddisfazioni.