Nel calderone angosciante dei survival horror Alone in the Dark si è guadagnato un certo nome. Pur non essendo mai del tutto decollata come saga, l’IP uscita per la prima volta all’inizio degli anni Novanta è stata uno degli esempi (passati) meglio riusciti nel genere. Nel 2024 la software house Pieces Interactive ha ripreso in mano uno dei gioielli di THQ Nordic per la nuova generazione di console (e PC), accompagnandoci in una storia che – a parte piccole modifiche – ricalca le inquietanti vicende ambientate tra le soffocanti mura di Villa Derceto.
Alone in the Dark: la recensione
Siamo in America, per la precisione in Louisiana, inizio anni Trenta. La trama ci introduce ai due protagonisti di Alone in the Dark: sono Emily Hartwood ed Edward Carnby. Entrambi si stanno dirigendo in auto verso una remota località. La meta è Villa Derceto, che per questo remake gli sviluppatori hanno arredato come casa di cura (tra molte virgolette) per malati psichiatrici. Cominciate a intendere il clima che vi accoglierà? No, non potete nemmeno immaginarvelo.
Emily è una giovane donna, che vuole raggiungere Villa Derceto per far luce su quanto accaduto allo zio, Jeremy Hartwood, ospite della struttura. La accompagna, come anticipato, Edward, un detective ingaggiato per indagare sui troppi misteri che si infittiscono. A prestare estetica e voce ai protagonisti incontriamo due personaggi niente male: Jodie Comer (The Last Duel) è Emily, mentre David Harbour (Stranger Things) è Edward.
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Prima di aprire la porta e tuffarsi in questo inferno, il gamer deve selezionare quale dei due personaggi ha intenzione di interpretare per la prima run di gioco. Il finale sarà identico, ma l’esperienza, le sensazioni e le vicende differenti. Per chi uscirà particolarmente colpito da Alone in the Dark è dunque garantita una rigiocabilità da un altro punto di vista.
Per quanto riguarda il gameplay di Alone in the Dark siamo al cospetto di un survival horror per forza di cose tradizionale. In terza persona, il giocatore ha anzitutto il compito di esplorare spazi, corridoi e stanze di Villa Derceto, alla ricerca di indizi e informazioni necessarie a proseguire. Sparsi qua e là gli enigmi arricchiscono le sessioni senza appesantire.
A livello di design, l’ambiente di Villa Derceto è stato seguito da una direzione artistica tutto sommato buona. Camminare (o correre, che dite?) in questa magione è un vero piacere. Rispetto invece al combat system ci sono alcuni punti dolenti. Anzitutto, il corpo a corpo: i movimenti sono troppo rigidi, legnosi, e il senso di accerchiamento (inevitabile in titoli del genere) spesso sfocia in frustrazione per non sapere bene come destreggiarsi con l’arma.
Nel riproporre Alone in the Dark gli sviluppatori hanno preferito mantenere intatta l’esperienza di gameplay originale. Costringendo così il videogioco a non evolversi per rimettersi in pari con altri titoli survival odierni, che senz’altro riescono meglio a tenere alta la tensione, in ogni momento.
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La storia del titolo non è delle più memorabili, ma ha momenti senz’altro interessanti. Calarsi nei panni di Edward o di Emily significa vivere esperienze diverse, con background e capacità uniche. Rispetto agli sprite dei mostri – per quanto inquietanti e da incubo – non abbiamo sfogliato il bestiario meglio costruito in un videogioco. Tirando le somme Alone in the Dark è una piacevole riscoperta, che avrebbe però meritato qualche sforzo in più.