Nella passata Giornata della Terra StartupItalia aveva intervistato il divulgatore scientifico: «Occorre cambiare la scala dei valori, se vogliamo salvare noi stessi dalla crisi climatica serve una rivoluzione culturale». Quelle parole oggi suonano come un monito
Ma non c’è più nessuno che s’incazza tra tutti gli assuefatti della nuova razza, cantava Giorgio Gaber in una canzone dal titolo che dobbiamo augurarci non sia profetico: La razza in estinzione. L’accademico Luca Mercalli, chiacchierando con StartupItalia, capovolge il paradigma: non se la prende, al pari del cantautore milanese, con le nuove generazioni, ma con quelle più adulte: “I giovani sono ammirevoli, credono nella causa, manifestano. Ma non hanno né i soldi né i mezzi per fare qualcosa. Noi, gli adulti, siamo invece completamente disinteressati al tema. Il clima è l’ultimo dei nostri problemi. E mi dispiace: vorrei vedere un interesse maggiore, un formicolio, qui in Italia, perché se è vero che il 50% della soluzione deve arrivare dagli Stati, con le grandi scelte, il restante 50% deve arrivare da noi, con atteggiamenti più consapevoli e rispettosi”.
“Il clima è in fondo alle nostre emergenze”
“La nostra casa è in fiamme” è la metafora che Greta Thunberg ha usato per risvegliare gli adulti dal proprio torpore. Chiacchierando col climatologo, abbiamo invece paragonato l’attuale situazione a un corpo che ha la febbre: “Attualmente è come se il termometro segnasse 38 gradi: non stiamo bene, ma la situazione non è irreversibile. Il problema è che su questa china saremo a 42° entro la fine del secolo. Cioè saremo spacciati”, spiega Mercalli. “Gli accordi di Parigi chiedono di intervenire quanto prima per limitare la temperatura a 39°”.
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E questo è il punto: non si torna certo indietro. Non ci sono margini di manovra per imboccare la via della guarigione. Al più, se riusciremo ad attuare i trattati internazionali sul clima, possiamo solo addolcire la curva, rabbonirne la salita e le conseguenze. “Solo che c’è sempre qualcosa di più urgente: prima la crisi economica, poi è stato il turno della pandemia, ora la guerra” – fa notare il divulgatore scientifico, senza nascondere l’amarezza. “Ma l’emergenza climatica è un problema da risolvere entro sera, non può essere posticipata ancora, se vogliamo dare ai nostri nipoti una possibilità di salvezza”.
Il ruolo della politica
“L’Italia – ricorda Mercalli – ha iniziato la propria corsa alle energie rinnovabili nel 2005, con la legge conto energia [Decreti interministeriali del 28/07/2005 e del 06/02/2006 (I° Conto Energia) che hanno introdotto il sistema di finanziamento in conto esercizio della produzione elettrica ndR]. All’epoca eravamo all’avanguardia, assieme alla Cina e alla Germania. Poi, nel 2012 – osserva il professore – s’è bloccato tutto. Bisogna ancora capire perché, forse per privilegiare certi interessi fossili… E oggi, con la guerra in Ucraina, ci riscopriamo dipendenti dal gas che arriva dalla Russia”.
Nucleare, sì o no?
Non siamo i soli a dover fare i conti con l’approvvigionamento energetico. In Francia entrambi i candidati all’Eliseo, Emmanuel Macron e Marine Le Pen, intendono costruire nuove centrali nucleari. Al di là della Manica la stessa ricetta è proposta dal premier britannico Boris Johnson, che vorrebbe un nuovo impianto l’anno. L’Italia fa bene a smarcarsi e a non affidarsi al cosiddetto ‘nucleare d’ultima generazione’? “Chiariamo subito una cosa – precisa Mercalli – quello di cui si parla non è d’ultima generazione, quello di quarta generazione è ancora un enorme punto interrogativo: continuiamo dunque a parlare di nucleare a fissione, con difetti, costi e tempi che dovrebbero esserci noti. Per fare una centrale ci vogliono 15 anni e almeno 12 miliardi. Il problema climatico, ripeto, va risolto stasera”.
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E allora, che fare? “I pannelli solari si montano in poche ore e non fanno scorie: non uccidono nessuno. Dovremmo iniziare tutti a montarli su tetti e balconi. Ma nella nazione manca appunto il giusto formicolio che pure vorrei vedere. Non c’è la dovuta carica emotiva, la gente li mette solo se ci guadagna. Parliamo tanto di emanciparci dalla Russia, e allora io mi chiedo: qual è il prezzo della mia autonomia? Oltre al risparmio in bolletta, c’è una parte, data dalla sicurezza di non restare al buio e dalla tranquillità di avere sempre l’acqua calda che non è suscettibile di valutazione economica”. Il sole, del resto, continuerà a sorgere indipendentemente dalle bizze di Putin.
Sulla terra nessun pasto è gratis
Eppure, nemmeno in tempi di bollette impazzite, gli italiani sembrano ricorrere ai pannelli solari: “Sono visti come una roba snob, per sfigati. È un problema culturale: i giovani sono diversi, pensiamo ai film degli anni ’50 in cui la macchina era uno status symbol. Oggi un ventenne si muove in monopattino e usa i mezzi in sharing. Ma gli adulti sono fermi a vecchi pregiudizi. E a tutto ciò si somma il tema della burocrazia”.
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Eppure, partendo dal presupposto che il problema climatico debba essere risolto entro sera, tutti noi potremmo fare già molto, con poco: “Dovremmo riflettere su ciò che è superfluo e chiederci se averlo fa davvero stare bene – invita a ragionare il professore. La nostra vita è fatta di tante cose inutili, come i viaggi di lavoro, quando basterebbe usare le nuove tecnologie, come in lockdown, per fare tele-riunioni, o quando si prende l’aereo per turismo. Il risparmio del volo low cost grava tutto su mio figlio: ricordiamoci che sulla terra nessun pasto è gratis”.