Quattro su dieci sono millennial spinti dal desiderio di esprimersi in libertà. Con i loro contenuti digitali generano a livello globale un mercato da oltre 104 miliardi di dollari. Ma quanto del valore generato resta in mano al produttore?
“Meglio fare i soldi o seguire le proprie passioni? A scardinare la dicotomia esistenziale che, per anni ha attanagliato la mente di intere generazioni, ci pensa l’era della Passion Economy, o Creator Economy. Oggi le proprie skills, passioni e creatività vengono monetizzate creando contenuti sulle piattaforme digitali. E i protagonisti sono loro: i content creator. Secondo NeoReach, TikToker, podcaster, streamer, filmmaker, youtuber ed influencer, sono oltre 50 milioni nel mondo. Sono giovani tra i 15 ed i 40 anni, appassionati ed esperti di aree specifiche che spaziano dal gaming al travel, dall’informazione alla sostenibilità, dal food all’entertainment. Danno vita, creano, producono e distribuiscono progetti multimediali sul web, piacevoli per gli utenti ed appetibili per gli algoritmi, diventando in questo modo dei punti di riferimento per le proprie community. E generando, a livello globale, un mercato da oltre 104 miliardi di dollari. Ma quanto di questo valore generato resta realmente in mano a coloro che ne sono i “produttori”? Ne abbiamo parlato con Tommaso Ricci, Managing Director di Mambo, la più grande factory di content creator in Europa che supporta, tra Italia e Spagna, oltre 200 produttori di contenuti digitali a monetizzare la propria creatività.
L’ Identikit dei creator
La Passion Economy è cresciuta di oltre 165 milioni di creatori negli ultimi due anni fino a raggiungere i 303 milioni di creatori a livello globale (Dati Adobe/ The future of Creativity) e sta rimodellando ogni aspetto della cultura e della società fino al futuro del lavoro. Già perchè ormai il content creator sta divenendo sempre più una professione. Una persona su quattro (23%) crea contenuti esprimendosi attraverso la fotografia, la produzione di video, la scrittura creativa o altri mezzi negli spazi online, comprese le piattaforme social e i blog.
I Millennial rappresentano il 42% della Creator Economy. In confronto, la Gen Z rappresenta il 14%. Cosa anima i content creator? Il 48% è universalmente motivato dallo stesso obiettivo: la libertà di espressione. Meno di un terzo dei creatori invece, (26%) è motivato dal denaro.
2 su 5 vogliono diventare professionisti
La creator economy ha dato forma a nuove opportunità professionali a tempo pieno o part-time, in particolare per la GenZ e per i Millennial, che sono attratti da carriere meno tradizionali. Dallo studio di Adobe emerge che la creazione di contenuti può essere una fonte di reddito, ma ci vogliono tempo e impegno per avere successo, e se per la maggior parte dei creator questa attività rimane un secondo lavoro, molti puntano più in alto.
Due influencer su cinque sono motivati a iniziare a creare contenuti sapendo che può diventare una professione. Il 17% dei creator sono imprenditori, mentre il 39% aspira a diventarlo in futuro.
Per la maggioranza dei creator, questa attività è un hobby o un secondo lavoro. Sei creator su dieci hanno un lavoro a tempo pieno. È difficile stimare il guadagno medio di un content creator, in quanto cambia in base a tantissime variabili: il tempo che decide di dedicare all’attività (non tutti scelgono di essere content creator a tempo pieno, anzi), la quantità e la dimensione dei progetti in cui è coinvolto, lo storico e l’esperienza che ha come creator e, in alcuni casi, anche la dimensione della sua community. Ma in media, lo stipendio di un Content Creator in Italia va dai 1.000 – 1.500 euro al mese di inizio gavetta agli oltre 45.000 euro per i professionisti affermati (fonte Adecco).
Burocrazia, inquadramento e monetizzazione
“Riuscire a orientarsi all’interno di un sistema fiscale tutt’altro che intuitivo spesso è davvero un’impresa” – racconta Mirko Azzolini, influencer marketer, TikToker Gamer che testimonia come purtroppo il content creator non ha ancora un inquadramento specifico e il rischio di commettere errori anche in buona fede è altissimo. La burocrazia è un grande ostacolo ma anche la monetizzazione, che nella maggior parte dei casi è legata alle collaborazioni con i brand.
“Da questo punto di vista, la problematica principale è legata alla poca conoscenza che molti brand hanno delle piattaforme digitali e del loro linguaggio. Il che li porta spesso a soffocare la creatività dei creator, quando invece è proprio quello che dovrebbero valorizzare” afferma invece Erta Konakchiu, TikToker che sul suo canale pubblica esclusivamente video dedicati a differenti situazioni nelle quali ci si può ritrovare a lavorare con un Boomer.
Mambo, la factory che aiuta i creator a monetizzare
Le opportunità della Creator Economy sono ormai sotto gli occhi di tutti, e la capacità di creare contenuti online che sfruttino il linguaggio nativo delle piattaforme è sempre più ricercata dai brand. Ma quanto del valore generato resta in mano a chi, in effetti, ne è il “produttore”, ovvero i Content Creator? “Non è facile stimare il valore generato, che dipende dal tipo e dalla lunghezza del progetto, dal volume e dalla complessità delle produzioni richieste al creator, dalla dimensione del team interno di Mambo dedicato al progetto ed altre variabili – spiega Tommaso Ricci, Managing Director di Mambo, startup e community che supporta i content creator a monetizzare la propria creatività, con oltre 300mila euro di compensi distribuiti nel 2022 e una stima che supera 1 milione di euro per il 2023.
“Quello che manca è un “ponte” che faciliti la comunicazione tra il mondo delle aziende e quello dei ragazzi che sono mossi dalla passione”
Fare il content creator rappresenta un lavoro a tempo pieno per il 40% della community di Mambo che, può arrivare a guadagnare quindi l’equivalente di uno stipendio ogni anno, mentre per la maggior parte dei ragazzi rappresenta una fonte di reddito complementare ad altre attività, in molti casi, ad esempio, ad attività di studio. “C’è inoltre una piccolissima percentuale (5%) di Creator che Mambo ha coinvolto nel suo team interno, e che quindi somma all’attività di creator anche il lavoro da project manager, creative strategist o client account specialist” – afferma Ricci.
Formazione per valorizzare i talenti
In che modo Mambo supporta i content creator? La startup offre da un lato, attraverso le sue Academy, percorsi di formazione e professionalizzazione nonchè networking ai ragazzi, facilitando l’accesso alle opportunità che può offrire loro il mercato. Dall’altro si pone come intermediario di fronte ai brand, facilitando la costruzione di strategie di comunicazione che valorizzino, da un punto di vista creativo ed economico, i creator.
Le attività si concentrano sulla formazione e sul sostegno dei ragazzi nel loro sviluppo professionale, utilizzando principalmente due approcci. “Da una parte, attraverso le nostre Accademie, forniamo loro gli strumenti pratici di cui necessitano per concretizzare la loro passione in un lavoro” – spiega Ricci – mettiamo a loro disposizione set e location, software di editing e attrezzature tecniche, oltre al bagaglio di conoscenze specialistiche per utilizzarle al meglio”. Poi, la startup offre un’assistenza completa nella gestione dei rapporti con i clienti, garantendo un team di strategist in grado di ricevere e interpretare un brief e di seguirlo fino alla pubblicazione dei contenuti.Cosa manca per trasformare la passione in un mestiere a tempo pieno? “Quello che manca è un “ponte” che faciliti la comunicazione tra il mondo delle aziende e quello di ragazzi che sono principalmente mossi dalla passione verso ciò di cui parlano online – spiega Ricci che attesta come i content creator necessitino di una vera e propria squadra di partner che li aiutino ad occuparsi meglio di aspetti molto diversi tra loro, ma ugualmente importanti per potersi presentare al mercato come professionisti. Dalla gestione degli aspetti burocratici e fiscali alla conoscenza di tutte le possibili fonti di guadagno sulle quali costruire una strategia commerciale, fino a come collaborare in modo proficuo ed efficiente con player molto eterogenei come agenzie di management, centri media e agenzie creative. “Tutto deve essere curato nei minimi dettagli ed è questo che fa la differenza tra vivere il mestiere del content creator come passione o come una professione” – precisa.